• Pas d'argent sale dans les banques suisses !
    La Suisse a décliné l'invitation au sommet du G7 et à la création de la taskforce REPO. Sous prétexte de neutralité, la Suisse continue d'être un refuge pour les oligarques russes. Actuellement, la déclaration des avoirs russes est obligatoire [3]. Celle-ci présente toutefois quelques lacunes : Seuls les dépôts de plus de 100 000 CHF doivent être déclarés. De plus, les fonds de clients qui sont également citoyen·nes suisses ou européens ou qui ont un permis de séjour temporaire ou permanent en Suisse ou dans l'UE sont également exemptés. L'exception la plus importante concerne toutefois les avoirs en titres de clients russes gérés par des banques suisses. Seuls les avoirs en compte, c'est-à-dire les actifs particulièrement liquides, sont soumis à l'obligation de déclaration. Les actions, par exemple, n'en font pas partie [4]. Les paiements des avoirs bloqués (environ 7,5 milliards de CHF, au 1.9.23) et les chiffres estimés des avoirs russes en Suisse (150-200 milliards de CHF) montrent que cette réglementation ne fonctionne pas. Cette obligation de déclaration lacunaire doit être adaptée, ce qui doit aller de pair avec une adhésion à la taskforce REPO. En recherchant activement l'argent des oligarques russes, la Suisse montre qu'elle s'oppose à Poutine et ne veut pas continuer à financer sa guerre. Sources: 1] https://www.swissinfo.ch/eng/business/russian-clients-have-up-chf200-billion-in-swiss-banks/47433244 2] https://www.swissinfo.ch/fre/economie/le-casse-t%C3%AAte-bancaire-des-sanctions-contre-la-russie/48775292 3] https://www.fedlex.admin.ch/eli/cc/2022/151/fr#art_16 4] https://www.nzz.ch/wirtschaft/schweizer-finanzinstitute-melden-russische-kundeneinlagen-von-46-milliarden-franken-die-tatsaechlichen-vermoegen-sind-aber-weit-groesser-ld.1714921
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  • Niente denaro insanguinato nelle banche svizzere!
    La Svizzera ha declinato l'invito al vertice del G7 e alla creazione della task force REPO. Con la scusa della neutralità, la Svizzera continua ad essere un rifugio per gli oligarchi russi. Attualmente esiste l'obbligo di dichiarare i beni russi [3]. Tuttavia, questo obbligo presenta alcune scappatoie: Solo i depositi superiori a 100’000 franchi devono essere dichiarati. Inoltre, sono esenti i patrimoni di clienti che sono anche cittadini/e svizzeri/e, di un Paese dell'UE o che hanno un permesso di soggiorno temporaneo o permanente in Svizzera o nell'UE. Probabilmente l'eccezione più grande, tuttavia, sono i patrimoni in titoli di clienti russi gestiti da banche svizzere. Solo i fondi del conto, ossia le attività particolarmente liquide, sono soggette all'obbligo di segnalazione. Le azioni, ad esempio, non sono incluse [4]. Il fatto che questo regolamento non funzioni è dimostrato dai pagamenti dei beni bloccati (circa 7,5 miliardi di franchi, al 1.9.23) e dalle cifre stimate per i beni russi in Svizzera (150-200 miliardi di franchi). Questo obbligo di segnalazione incompleta deve essere adattato, il che deve andare di pari passo con l'adesione alla task force REPO. Cercando attivamente il denaro degli oligarchi russi, la Svizzera dimostra di opporsi a Putin e di non voler continuare a finanziare la sua guerra. Fonti: 1] https://www.swissinfo.ch/eng/business/russian-clients-have-up-chf200-billion-in-swiss-banks/47433244 2] https://www.swissinfo.ch/ita/economia/banche-svizzere--l-impatto-delle-sanzioni-contro-la-russia/48775156 3] https://www.fedlex.admin.ch/eli/cc/2022/151/it#art_16 4] https://www.nzz.ch/wirtschaft/schweizer-finanzinstitute-melden-russische-kundeneinlagen-von-46-milliarden-franken-die-tatsaechlichen-vermoegen-sind-aber-weit-groesser-ld.1714921
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  • Kein blutiges Geld auf Schweizer Banken!
    Die Schweiz hat die Einladung zum G7-Gipfel und der Gründung der REPO-Taskforce ausgeschlagen. Unter dem Deckmantel der Neutralität ist die Schweiz weiterhin ein Rückzugsort russischer Oligarch*innen. Momentan gilt eine Meldepflicht russischer Vermögen. [3] Diese hat jedoch einige Lücken: Nur Einlagen über 100’000 CHF sind meldepflichtig. Zudem sind Gelder von Kund*innen, die auch Bürger*in der Schweiz oder eines EU-Landes sind oder die eine befristete oder unbefristete Aufenthaltsbewilligung in der Schweiz oder in der EU haben, ebenfalls ausgenommen. Die wohl am grösste Ausnahme sind jedoch von Schweizer Banken verwaltete Wertschriftevermögen russischer Kund*innen. Nur Kontogelder, also besonders liquide Vermögen, unterliegen der Meldepflicht. Aktien beispielsweise zählen nicht dazu. [4] Dass diese Regelung nicht funktioniert, zeigen die Zahlungen der gesperrten Vermögen (ca. 7.5 Milliarden CHF, Stand 1.9.23) und die geschätzten Zahlen russischer Vermögen in der Schweiz (150-200 Milliarden CHF). Diese lückenhafte Meldepflicht muss angepasst werden, was mit einem Beitritt zur REPO-Taskforce einhergehen muss. Mit der aktiven Suche nach russischen Oligarch*innengeldern zeigt die Schweiz, dass sie sich gegen Putin stellt und nicht weiterhin dessen Krieg finanzieren will. ***************** (1) https://www.swissinfo.ch/eng/business/russian-clients-have-up-chf200-billion-in-swiss-banks/47433244 (2) https://www.swissinfo.ch/ger/wirtschaft/so-wirken-sich-die-russland-sanktionen-auf-schweizer-banken-aus/48776122#:~:text=Die%20Meldepflicht%20f%C3%BCr%20Einlagen%20von,sowie%20rund%2015%20Liegenschaften%20gesperrt. (3) https://www.fedlex.admin.ch/eli/cc/2022/151/de#art_16 (4) https://www.nzz.ch/wirtschaft/schweizer-finanzinstitute-melden-russische-kundeneinlagen-von-46-milliarden-franken-die-tatsaechlichen-vermoegen-sind-aber-weit-groesser-ld.1714921
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  • Stop Dublino Croazia
    Perché esistono innumerevoli testimonianze di violenze e minacce razziste da parte dello Stato croato nei confronti delle persone in esilio. Perché l'accesso all'assistenza sanitaria in Croazia per i richiedenti d’asilo è carente. Perché il rischio di violazione del principio di non respingimento è reale. Perché diverse denunce contro le decisioni di rinvio in Croazia sono pendenti davanti a vari organismi internazionali. Ogni giorno i collettivi Droit de rester (Friborgo, Neuchâtel e Vaud) ricevono innumerevoli e terribili testimonianze di richiedenti d’asilo in fuga dal Burundi, dall'Afghanistan, dal Kurdistan e da altri Paesi. Devono essere ascoltati. Tutti denunciano la violenza sistemica dello stato croato nei loro confronti: "Mi sono trovato da sola con due poliziotti che ridevano di me. Hanno iniziato a spogliarmi” "Sono stato picchiato dalla polizia con un bambino sulla schiena” "I poliziotti mi hanno lasciato in un garage senza luce, senza servizi igienici e senza cibo con molte altre persone" "Ci hanno lasciati fuori durante la notte, mentre pioveva, con bambini piccoli e donne incinte” "Sotto minaccia, ci hanno fatto firmare diversi documenti nella loro lingua, anche se non la capiamo”. Diverse persone testimoniano di essere state minacciate dalla polizia croata che sarebbero state nuovamente picchiate e rinchiuse se fossero tornate in Croazia. Tutte queste violenze provocano gravi traumi, che la Segreteria di Stato della migrazione rifiuta sistematicamente di prendere in considerazione. La Svizzera, che si vanta di una lunga tradizione umanitaria e del suo ruolo nelle organizzazioni internazionali, non può continuare a rimandare persone vittime di tali violenze in un paese che le esegue sistematicamente. Rimandando i richiedenti d’asilo in Croazia, la Svizzera rischia di venir meno ai suoi obblighi internazionali, rendendosi colpevole e complice di respingimenti a catena. Al momento, non c'è alcuna garanzia che le persone rinviate in Croazia non vengano deportate nel paese da cui fuggono. È stato riferito che una persona rientrata in Croazia è stata successivamente rispedita in Turchia e condannata a 18 anni di carcere. Questa petizione fa parte di una campagna avviata il 18 ottobre 2022 dai collettivi Droit de rester in Svizzera francese. Sostenuti da una trentina di organizzazioni, hanno scritto una lettera aperta alla Segreteria di Stato della migrazione per chiedere d’interrompere tutti i rinvii verso la Croazia secondo gli accordi di Dublino. Il giorno successivo, una cinquantina di persone minacciate d’ espulsione, e che vivono in diversi centri federali per l'asilo, si sono riunite a Neuchâtel per testimoniare durante una conferenza stampa della loro esperienza in Croazia. Il dossier del comunicato di stampa, contiene tutte le loro testimonianze. Molti media hanno riportato i fatti, ma la Segreteria di Stato della migrazione mantiene la sua posizione. Le procedure di Dublino sono liquidate velocemente e malamente e le persone non hanno il tempo di consultare un medico. L'8 novembre è stato pubblicato un comunicato stampa al riguardo. Risorse : Nel suo rapporto del 13 settembre 2022, l'Organizzazione svizzera per l'aiuto ai rifugiati (OSAR) ritiene che i trasferimenti verso la Croazia ai sensi del regolamento Dublino III sono, in principio, illegali e illeciti. L'OSAR chiede alle autorità di interrompere questi trasferimenti. Sottolinea inoltre che la violazione di norme perentorie del diritto internazionale al confine non può essere considerata indipendentemente dalla situazione all'interno del paese. L'articolo 25.2 e 25.3 della Costituzione svizzera ricorda che i rifugiati non possono essere rinviati nel territorio di uno Stato in cui sono perseguitati o nel territorio di uno Stato in cui rischiano la tortura, trattamenti o punizioni crudeli e inumani. L'articolo 33 della Convenzione di Ginevra sullo statuto dei rifugiati stabilisce inoltre che gli Stati contraenti non possono espellere una persona rifugiata verso le frontiere di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a causa della sua razza, della sua religione, della sua nazionalità, della sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o delle sue opinioni politiche. Questi principi sono garantiti in particolare dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e dalla Convenzione europea sui diritti umani.
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  • Stopp Dublin Kroatien
    Wegen der bezeugten rassistischen Gewalt und der Drohungen des kroatischen Staates gegenüber den geflüchteten Menschen, von denen es zahlreiche Aussagen gibt. Wegen des fehlenden Zugangs zur Gesundheitsversorgung für Asylsuchende in Kroatien. Wegen der tatsächlichen Gefahr einer Verletzung des Schutzes vor Rückschiebung. Wegen der bei verschiedenen internationalen Instanzen anhängigen Klagen gegen Abschiebungsentscheidungen nach Kroatien. Unzählige schreckliche Berichte von Asylsuchenden, die aus Burundi, Afghanistan, Kurdistan und aus anderen Ländern oder Regionen fliehen, treffen jeden Tag in den Sprechstunden der Bleiberechtskollektive ein. Sie müssen angehört werden. Alle prangern die systemische Gewalt des kroatischen Staates gegen sie an: «Ich war allein mit zwei Polizisten, die sich über mich lustig machten. Sie fingen an, mich auszuziehen.» «Ich wurde von den Polizisten geschlagen – mit einem Kind auf dem Rücken.» «Die Polizei hat mich in einer Garage eingeschlossen, ohne Licht, ohne Toilette und ohne etwas zu essen, zusammen mit vielen anderen Menschen.» «Sie haben uns nachts bei Regen rausgeschmissen, mit kleinen Kindern und schwangeren Frauen.» «Unter Drohungen haben sie uns dazu gebracht, mehrere Papiere in ihrer Sprache zu unterschreiben, obwohl wir sie nicht verstehen.» Mehrere Personen berichten, dass ihnen von der kroatischen Polizei gedroht wurde, erneut geschlagen und eingesperrt zu werden, wenn sie in das Land zurückkehren würden. Alle diese Gewalttaten haben schwere Traumata zur Folge; das Staatssekretariat für Migration (SEM) weigert sich systematisch, diese zu berücksichtigen. Die Schweiz, die sich einer langen humanitären Tradition und ihrer Rolle in internationalen Organisationen rühmt, kann nicht weiterhin Menschen, die Opfer solcher Gewalt geworden sind, in ein Land zurückschicken, das diese Gewalt systematisch orchestriert. Indem es Asylsuchende nach Kroatien zurückschickt, riskiert es, seine internationalen Verpflichtungen zu verletzen, indem es sich schuldig und mitschuldig an einer Kaskade von Abschiebungen macht. Derzeit gibt es keine Garantie dafür, dass Personen, die nach Kroatien zurückgeschickt werden, nicht in das Land abgeschoben werden, aus dem sie fliehen. Uns wurde berichtet, dass eine nach Kroatien abgeschobene Person später in die Türkei abgeschoben und dort zu 18 Jahren Gefängnis verurteilt wurde. Diese Petition ist Teil einer Kampagne, die am 18. Oktober 2022 von den Westschweizer Bleiberechtskollektiven initiiert wurde. Zusammen mit rund 30 Organisationen haben sie einen offenen Brief an das SEM geschrieben, in dem sie einen Stopp der Dublin-Rückführungen nach Kroatien fordern. Am nächsten Tag trafen sich rund 50 von Abschiebung bedrohte Menschen, die in verschiedenen Bundesasylzentren untergebracht waren, in Neuenburg, um an einer Pressekonferenz über ihre schrecklichen Erfahrungen in Kroatien zu berichten. In einer Pressemappe sind alle ihre Aussagen zusammengefasst. Die Medien waren anwesend, doch das SEM beharrt auf seiner Position. Am 8. November wurde zusätzlich eine Pressemitteilung zu diesem Thema veröffentlicht, die erklärt, dass die Dublin-Verfahren nachlässig durchgeführt werden und die Betroffenen keine Zeit haben, um einen Arzt zu konsultieren. Ressourcen: In ihrem Bericht vom 13. September 2022 vertritt die Schweizerische Flüchtlingshilfe (SFH) die Ansicht, dass die Überstellungen nach Kroatien gemäss Dublin-III-Verordnung grundsätzlich rechtswidrig und nicht zulässig sind. Auch die SFH fordert, auf solche Rückführungen zu verzichten. Sie weist zudem darauf hin, dass die Verletzung von zwingenden Normen des Völkerrechts an der Grenze nicht unabhängig von der Situation im Inland betrachtet werden kann. Art. 25 Abs. 2 und 3 der Verfassung erinnert daran, dass Flüchtlinge nicht in das Territorium eines Staates zurückgewiesen werden dürfen, in dem sie verfolgt werden, oder in das Territorium eines Staates, in dem ihnen Folter oder eine andere grausame und unmenschliche Behandlung oder Strafe droht. Artikel 33 der Genfer Flüchtlingskonvention besagt ausserdem, dass die Vertragsstaaten Geflüchtete nicht über die Grenzen in Gebiete ausweisen dürfen, in denen ihr Leben oder ihre Freiheit wegen ihrer Rasse, Religion, Nationalität, Zugehörigkeit zu einer bestimmten sozialen Gruppe oder wegen ihrer politischen Überzeugung bedroht wäre. Diese Grundsätze werden insbesondere durch das Übereinkommen der Vereinten Nationen gegen Folter und die Europäische Menschenrechtskonvention garantiert.
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  • Stop Dublin Croatie
    Parce que les témoignages des violences notoires et racistes ainsi que des menaces de l’État croate envers les personnes exilées sont très nombreux. Parce que l’accès aux soins en Croatie pour les personnes requérantes d’asile est déficitaire. Parce que le risque de violation du principe de non-refoulement est bien réel. Parce que des recours contre des décisions de renvoi vers la Croatie sont pendants devant diverses instances internationales. D’innombrables et terribles témoignages de personnes requérantes d’asile fuyant le Burundi, l’Afghanistan, le Kurdistan ou d’autres pays encore arrivent tous les jours aux permanences des collectifs Droit de rester. Ils doivent être entendus. Tous dénoncent des violences systémiques de l’État croate à leur encontre : « Je me suis retrouvée seule avec deux policiers qui se moquaient de moi. Ils ont commencé à me déshabiller » « J’ai été frappé par les policiers avec un enfant dans le dos » « Les policiers m’ont parqué dans un garage sans lumière ni toilettes, ni rien à manger avec de nombreuses autres personnes » « Ils nous ont mis dehors pendant la nuit alors qu’il pleuvait, avec des petits enfants et des femmes enceintes » « Sous la menace, ils nous ont fait signer plusieurs papiers en leur langue alors qu’on ne la comprend pas ». Plusieurs personnes témoignent qu’elles ont été menacées par la police croate d’être à nouveau frappées et enfermées si elles revenaient dans ce pays. Toutes ces violences ont pour conséquence de graves traumatismes que le Secrétariat d’État aux migrations (SEM) refuse systématiquement de prendre en compte. La Suisse, qui se targue d’une longue tradition humanitaire et de son rôle au sein des organisations internationales, ne peut continuer de renvoyer des personnes victimes de pareilles violences dans un pays qui les orchestre de manière systémique. En renvoyant des personnes requérantes d’asile en Croatie, elle risque de faillir à ses obligations internationales en se rendant coupable et complice de refoulements en cascade. A l’heure actuelle, rien ne permet en effet d’assurer que les personnes renvoyées en Croatie ne soient pas expulsées dans le pays qu’elles fuient. Il nous a été rapporté qu'une personne renvoyée en Croatie a été ensuite refoulée en Turquie et condamnée à 18 ans de prison. Cette pétition s'inscrit dans le cadre d'une campagne initiée le 18 octobre 2022 par les collectifs Droit de Rester romands. Aux côtés d'une trentaine d'organisations, ils ont écrit une lettre ouverte au SEM pour demander l'arrêt des renvois Dublin vers la Croatie. Le lendemain, une cinquantaine de personnes menacées de renvoi et résidentes dans divers centres fédéraux d'asile se sont retrouvées à Neuchâtel pour témoigner lors d'une conférence de presse de ce qu'elles ont vécu en Croatie. Un dossier de presse regroupe tous leurs témoignages. Les médias ont répondu présent, mais le SEM campe depuis sur ses positions. Les procédures Dublin sont bâclées et les personnes n'ont pas le temps de consulter un médecin. Un communiqué de presse a été publié à ce sujet le 8 novembre dernier. Ressources : Dans son rapport en date du 13 septembre 2022, l’Organisation suisse d’aide aux réfugiés (OSAR) estime que les transferts vers la Croatie en vertu du règlement Dublin III sont en principe illicites et inexigibles. L’OSAR demande elle aussi de renoncer à ces renvois. Elle rappelle également que la violation des normes impératives du droit international à la frontière ne peut être considérée indépendamment de la situation à l’intérieur du pays. L’article 25, al. 2 et 3 de la Constitution rappelle que les personnes réfugiées ne peuvent être refoulées sur le territoire d’un État dans lequel elles sont persécutées ni sur le territoire d’un État dans lequel elles risquent la torture ou tout autre traitement ou peine cruels et inhumains. L’article 33 de la Convention de Genève relative au statut de réfugié stipule également que les États contractants ne peuvent expulser une personne réfugiée sur les frontières des territoires où sa vie ou sa liberté serait menacée en raison de sa race, de sa religion, de sa nationalité, de son appartenance à un certain groupe social ou de ses opinions politiques. Ces principes sont notamment garantis par la Convention des Nations Unies contre la torture et la Convention européenne des droits de l’Homme.
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  • Pour une sortie de la Suisse du traité climaticide TCE
    Le Traité sur la charte de l’énergie est un accord international qui protège les investissements d’investisseurs étrangers dans le secteur de l’énergie, en particulier les énergies fossiles, pendant des dizaines d’années. Il est considéré par le GIEC comme un frein de la transition énergétique et constitue un obstacle majeur au respect de l’Accord de Paris [1]. Il possède notamment un mécanisme dangereux permettant d’attaquer des États en justice et réclamer des compensations financières, lorsqu’une politique climatique ambitieuse est mise en place par exemple, et ceci est arbitré dans le plus grand secret dans des tribunaux privés. Il existe plusieurs exemples de litiges en France, au Pays-Bas ou au Royaume-Uni, où des investisseurs ont exigé des millions en compensation. L’accord contient également une “clause de survie” qui protège les investissements encore durant 20 ans même une fois sorti du traité : chaque année de plus au sein du traité est une année de plus perdue dans la sortie des énergies fossiles et la lutte contre le réchauffement climatique. Le dernier rapport du GIEC est formel : les installations existantes et les projets planifiés dans les énergies fossiles excèdent probablement déjà le budget carbone pour rester sous la barre des 1.5°C, et il est donc nécessaire d’arrêter le financement de tout nouveau projet dans les énergies fossiles et rediriger les flux financiers vers des énergies et technologies bas carbone [1]. Pour la première fois, le 9 novembre 2022, le Conseil fédéral a considéré une éventuelle sortie de ce traité dangereux pour la protection du climat, compte tenu de l’évolution du contexte politique [2]. Faisons en sorte qu’il en sorte et respecte ses engagements climatiques! Sources: [1] IPCC AR6 WGIII, Climate Change 2022 : Mitigation of Climate Change, https://www.ipcc.ch/report/ar6/wg3/ [2] Conseil fédéral, Énergie: le Conseil fédéral adopte la nouvelle mouture du Traité sur la Charte de l’énergie, https://www.admin.ch/gov/fr/accueil/documentation/communiques.msg-id-91286.html
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    Gestartet von Swiss Youth for Climate Picture
  • Für einen Austritt der Schweiz aus dem klimaschädlichen EC-Vertrag
    Der Energiechartavertrag ist ein internationales Abkommen, das Investitionen ausländischer Investoren in den Energiesektor, insbesondere in fossile Energieträger, über Jahrzehnte hinweg schützt. Es wird vom IPCC als Bremsklotz für die Energiewende angesehen und stellt ein großes Hindernis für die Einhaltung des Pariser Abkommens dar [1]. Der Vertrag hält an einem gefährlichen Mechanismus fest, der es ermöglicht, Staaten zu verklagen und finanzielle Entschädigungen zu fordern, wenn beispielsweise Maßnahmen verabschiedet werden, die die Profitabilität einer fossilen Investition gefährden. Zudem werden diese Klagen unter strengster Geheimhaltung in privaten Gerichten verhandelt. Es gibt mehrere Beispiele für Rechtsstreitigkeiten in Frankreich, den Niederlanden oder Großbritannien, in denen Investoren Millionenbeträge als Entschädigung gefordert haben. Das Abkommen enthält auch eine "Überlebensklausel", die Investitionen auch nach dem Austritt aus dem Vertrag noch 20 Jahre lang schützt: Jedes weitere Jahr innerhalb des Vertrags ist ein weiteres verlorenes Jahr für den Ausstieg aus den fossilen Brennstoffen und den Kampf gegen die globale Erwärmung. Der letzte IPCC-Bericht ist eindeutig: Die bestehenden Anlagen und geplanten Projekte im Bereich der fossilen Energien überschreiten bereits heute unser verbleibendes CO2-Budget, um das 1,5°C Ziel zu erreichen. Es ist daher notwendig, die Finanzierung aller neuen Projekte im Bereich der fossilen Energien zu stoppen und die Finanzströme in umweltfreundliche Energien und Technologien umzuleiten [1]. Zum ersten Mal hat der Bundesrat am 9. November 2022 einen möglichen Ausstieg aus diesem für den Klimaschutz gefährlichen Vertrag angesichts der veränderten politischen Rahmenbedingungen in Erwägung gezogen [2]. Setzen wir uns dafür ein, dass er aussteigt und seine Klimaverpflichtungen erfüllt! Quellen: [1] IPCC AR6 WGIII, Climate Change 2022 : Mitigation of Climate Change, https://www.ipcc.ch/report/ar6/wg3/ [2] Conseil fédéral, Énergie: le Conseil fédéral adopte la nouvelle mouture du Traité sur la Charte de l’énergie, https://www.admin.ch/gov/fr/accueil/documentation/communiques.msg-id-91286.html
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    Gestartet von Swiss Youth for Climate Picture
  • Embargo gegen Russland
    Für eine Schweiz, die nicht reagiert, sondern agiert. Wir sind ethisch in der Pflicht, mehr als ein Zeichen zu setzen. Unterzeichne die Kampagne an Herrn Cassis gegen den Krieg und für eine freie, demokratische und friedliche Welt.
    22 von 100 Unterschriften
    Gestartet von Marcel Vosswinkel
  • Keine Jugendliche im Krieg
    Die Grenze für Kampfhandlungen war schon vor 200 Jahren bei 20 Jahren. Mit einer gewissen Abstufung, die existiert, wird den Jüngsten nicht einfach das Leben geraubt vor ihrem eigentlichen Leben. Der Krieg ist zudem zu beenden. In Krankenhäusern kämpfen Patient:innen und Kinder um ihr Leben. Diese Einrichtungen sind schützenswert und die Versorgung muss in jedem Fall gewährleistet werden.
    4 von 100 Unterschriften
    Gestartet von Marco Flück
  • Ukrainische Flüchtlinge privat aufnehmen
    Mit deiner Unterschrift zeigst du, dass du bereit bist Flüchtlinge aus der Ukraine - vor allem viele Frauen und Kinder - persönlich zu unterstützen. Der Bundesrat muss es ermöglichen, dass wir den Menschen aus der Ukraine schnell und unbürokratisch helfen können.
    461 von 500 Unterschriften
    Gestartet von Christina Marchand
  • Wir wollen keine Senkung der Zollfreigrenze von 300 SFR. auf 150 SFR.
    ++ Wir Schweizer werden gezwungen, die Produkte von ausländischen Herstellern zu überhöhten Preisen beim Schweizer Alleinimporteur oder bei der Schweizer Niederlassung zu kaufen. ++ Wollen wir die Produkte direkt aus dem Ausland beziehen, werden wir mit diversen Tricks, unter anderem der Senkung der Zollfreigrenze von 300 SFR. auf 150 SFR. daran gehindert. Mögliche alternative Lösungsansätze: ++ Gewinnmargen der Detailhändler für extrem überteuerte Produkte (z.B. BIO-Fleisch) gesetzlich begrenzen. Hier ein Beitrag zu den Margen von BIO-Fleisch: https://www.srf.ch/news/schweiz/neue-preisanalyse-detailhaendler-kassieren-hohe-margen-fuer-label-fleisch Ein aktuelles Beispiel zu DM Produkten: dm-Produkte bei Galaxus oft über 200 Prozent teurer https://www.blick.ch/wirtschaft/migros-tochter-baut-angebot-aus-galaxus-verkauft-dm-produkte-mit-saftigem-schweiz-zuschlag-id16940482.html ++ Statt über den Umweg (intransparent) der Senkung der Zollfreigrenze, würde mann besser den betroffenen Betrieben direkt staatliche Hilfe anbieten, falls wirklich notwendig Daher sind wir ganz klar gegen eine Senkung der Zollfreigrenze und eine faire Preispolitik.
    1.211 von 2.000 Unterschriften
    Gestartet von Raphael Gasser Picture